e tutto quanto mi circondava diventava parte di quel mondo in cui mi andavo immergendo fin dalle primissime righe,già da allora, quando l' ombra dei lecci e delle querce offriva ristoro dal sole bollente di quelle estati d' infanzia, che rifiutava ostinatamente le letture
imposte a scuola, ma godeva immensamente in quelle che si sceglieva,incollando come le figurine in un libro tutte persone che più mi avessero colpito per una più o meno esatta similitudine con qualche personaggio di un libro che avessi letto.
Lo pseudonimo"Siglazero "nasce nel 2014, in una notte di Febbraio mentre due grossi ceppi di quercia bruciano scoppiettando nel rozzo focolare del casolare del Crasto...Quello che custodiva fra le sue pareti annerite il chiodo a cui il nonno appendeva la doppietta e la sdraio sulla quale si appisolava dopo avermi raccontato qualche storia del tempo della guerra...Siglazero è la firma di un'anonimo che vuole rimanere tale perché poi i sentimenti che nutre e le situazioni che vive sono così comuni a tutti gli uomini che non avrebbe senso indicarne uno in particolare, uno che davanti a un focolare, avvolto in una coperta di lana guarda dalla finestra una luce lontana, seconda ad una fila di lampioni dalla fredda luce malinconica...
Il vicino.
Quando ai primi d’Agosto Compare Rocco apriva con la zappa il grosso solco che
convogliava l’acqua della fiumara fino ad alcuni chilometri da sotto la cascata,era venuto il
tempo della semina dei fagioli…il fiumiciattolo,che avrebbe inzuppato il campo reso soffice
dalle zappe della vangatrice, si infiltrava in cento rigagnoli che morivano ora qua ora la,
rendendo a chiazze la terra marrone che il contadino percorreva - scalzo, con la zappa in
spalla - sprofondando fino al ginocchio, per guidare i bracci d’acqua verso le più lontane
estremità del campo.
L’operazione richiedeva una buona mezza giornata,dopodichè, prima di passare oltre,
occorreva lasciar asciugare il terreno per interi due giorni, ovvero il tempo che un leggero
vapore esalasse dalla terra lavorata con la zappa….”mai seminare fagioli e panicolo (Mais)
in terra asciutta e abbeverare dopo…” fatiga perduta, ne hanno bene formiche ed uccelli ”
dopo le canoniche 48 ore, Rocco partiva con i solchi, terminati i quali, e distanziati tanto da
passarci in mezzo col suo “insetto “ a miscela da 2 cavalli, cui aveva accorciato i bracci della
fresa in modo da non urtare le future piantine, partiva con la semina, distanziando i semi uno
dall’altro di qualche palmo…”hanno l’aria di lato,diceva passandosi il dorso della mano
destra sulla fronte” . Lo spazio tra i solchi serviva a contrastare efficacemente le infestanti le
quali, dopo tre passate di fresa con gas a fondo scala, rinunciavano a contendere spazio ed
acqua alle piantine neonate. Mentre Compare Rocco seminava, passando con un piede in
un solco ed uno nell’altro, tenendo stretto il pugno di semi nella mano destra, e schiacciando un seme alla volta sotto il pollice quasi a farne di conto, chiudendo l’occhio sinistro prima
dello schiocco che avrebbe lanciato il fagiolo nel solco, faceva: “e sui semi un dito di terra,
che se ne metti su troppa lo” affuchi”(soffochi)....una decina di giorni dopo, partiva per le
“coste” (forre sottostanti le ultime estremità del pianoro della montagna) con l’accetta in
spalla, in cerca di fusti di erica, i più dritti, grossi abbastanza da essere conficcati nel terreno
con la testa dell’accetta…”toc, toc, toc…” i colpi echeggiavano in tutta la vallata in fondo alla
quale gorgogliava la fiumara: la barbetta verde dell’erica, le sue foglie minuscole - e i fiori
bianchissimi che lasciavano ad ogni urto una nube di polline profumato - avvolgevano
compare Rocco che di tanto in tanto, dopo rumorosi soffi di naso, dava starnuti così forti
che qualche capraio sfottente gli faceva eco tra le querce della montagna.
La “Ligunìa” è una specie di rampicante dal fusto grosso quanto una buona fune e flessibile
quanto questa, usato per legare fascine e mazzi di legna ...compare Rocco ne tagliava
qualche metro che passava sotto il mazzo dei paletti appena tagliati, poi, fatto un grosso
nodo che stringeva passandovi di traverso il manico dell’accetta, e fatti alcuni giri, stringendo
il mazzo se lo portava in spalla, fino alla quercia sotto cui brucava, un’orecchio dritto e uno
piegato fin sul collo, il vecchio asino di compare ‘Ntoni che gli aveva prestato la bestia,
obbligazione in cambio di cui compare Rocco gli avrebbe ceduto cinque giorni di “Mastra”,
ovvero di usufrutto del canale che gli attraversava il campo cui abbiamo sopra accennato.
I paletti servivano a sostenere le varietà rampicanti di fagioli “Lingua di fuoco” ed erano uno
spettacolo quando vegetavano di foglie e germogli verdissimi, fin quando i baccelli non
pendevano a grappoli da quasi due metri di altezza, circa quaranta giorni dopo la semina.
Il piccolo chimico
..
La soffitta della vecchia casa del Crasto, nella sua penombra silenziosa che avevo osservato quando salii la scala di legno che cigolava ad ogni gradino insieme a papà, si era rivelata così interessante per tutti i libri ingialliti dall'umidità che erano disposti in bell'ordine dentro una decina di vecchie casse di legno....un pomeriggio di luglio, vincendo la paura della semi- oscurità e della scala malferma, aggrappandomi al corrimano annerito dalla fuliggine, mi avventurai esitante....nonostante avessi spinto la porta con estrema cautela, questa, con un lungo cigolìo mi sfuggì di mano, e andò a sbattere violentemente contro la parete, cadendo sul fragile soffitto di canne e calce, facendolo vibrare paurosamente...un nugolo di pipistrelli prese a svolazzare per la stanza, mentre io, piegata la maglietta sulla faccia e scoprendo metà pancia, mi appoggiai alla parete e mi lasciai scivolare appoggiato a questa sino a finire seduto sul pavimento....qualche minuto dopo, avevano tutti lasciato la soffitta in un disordinato turbinio che li sparse ovunque, nell'aria pervasa dalla luce del sole , che tanto vistosamente li infastidiva. Una copertina ammuffita attirò subito la mia attenzione...lo strofinìo del mio indice aveva riportato alla luce il giallo della copertina, e l'illustrazione di un grosso cane lupo che addentava un galeotto...il titolo,Zanna Bianca, editrice Bietti, autore Jack London....e poi, Tifone, il negro del narcissus, Moby Dick, il richiamo della foresta, ecc ecc, nonché un'antico libro di scienze naturali, su cui lessi di un signore inglese che, rimescolando il fondo di uno stagno, vi scoprì il metano...avevo appena voltato pagina, quando la mia mente, in un flash improvviso, mi suggerì una parola...INFIAMMABILE....altrettanto velocemente corsi col pensiero al nostro pantano, che limitava con la strada, percorsa ad orari regolari da....non vi dirò da chi. Scesi a rompicollo la scala rompendo con un salto l'ultimo gradino, corsi in cucina, presi un'accendino,uscii di casa spalancando il vecchio portone e imboccai il sentiero che portava al pantano..vi giunsi trafelato...piegai una canna, ne torsi il fusto fino a spezzarla quasi di netto, poi la infilai nell'acqua, rimescolando la melma nerastra...una grossa bolla emerse dall'acqua....il tramonto anneriva i contorni della montagna e delle chiome degli alberi...ripetei l'operazione, avvicinando al pelo dell'acqua l'accendino, sicronizzai velocemente il movimento del pollice della mano sinistra con il gesto della destra, ebbi cura di cambiare la zona del primo esperimento per ottenere una bolla di gas altrettanto grossa e...BLOB, VUM....all'emersione del gas fece seguito una vampata che illuminò i giunchi tutto intorno...funziona, pensai, ridendo in anticipo dello scherzo che avevo ideato...mi voltai verso la strada, era tempo...un' ombra bassa e claudicante si affrettava tra i cespugli di mirtillo...mi rivoltai verso lo stagno, e mi misi a fare segni nell'aria con la canna, blaterando monosillabi a voce abbastanza alta da attirare l'attenzione dell'ombra solitaria...quando ne intravidi la sagoma fermarsi sul ciglio della strada, esclamai ad alta voce, sapendo la vittima piuttosto dura d'orecchi la formula seguente ABRACADABRA, ABRACADOCO, ORA QUEST'ACQUA SPUTERA FUOCO...VUM....SANTA BARBARA E SAN NICOLA AIUTO.... fu lo strillo che squarciò il silenzio di quella serata di luglio del 1992....